IL VASO DI PANDORA

 

In un tempo lontano lontano, il padre Zeus era in continuo attrito con gli uomini: non era mai soddisfatto e minacciava di distruggerli tutti, un giorno sì e l’altro anche.

All’ennesimo picco di rabbia, il re dell’Olimpo prese un provvedimento serissimo: privò gli uomini del fuoco. Un grosso problema per l’Umanità, questo, perché sarebbero tutti morti di fame e di freddo.

Allora Prometeo, sempre dalla parte degli umani, rubò alcune scintille di fuoco – chi dice dalla fucina di Efesto, chi dice dal carro del Sole – e le donò all’umanità.

 - Oh, affronto sommo! Oh, massima disgrazia!
Inutile dirlo, Zeus si arrabbiò ancora più forte e cominciò a meditare un’altra pesantissima punizione.

Pensa che ti ripensa, gli venne in mente di colpire prima gli uomini e poi Prometeo, e di farlo in modo che non dimenticassero la bella lezione.

Prometeo aveva un fratello molto meno furbo di lui, dal nome Epimeteo. Come Prometeo significa “colui che pensa prima” (di agire), così Epimeteo vuol dire “colui che pensa dopo”.
Il secondo, quindi, era sì un bel ragazzone, ma non rifletteva mai sulle conseguenze delle sue azioni. Un po’ sciocchino, per intenderci.

«Perfetto per la mia vendetta – pensò il padre degli Dei – è così tonto che sicuramente cadrà nella trappola». E mise su un gran bel piano con l’aiuto degli altri abitanti dell’Olimpo

Come prima cosa, plasmò una donna e la fornì di tutte le virtù possibili e immaginabili. Naturalmente era una creatura bellissima, come poche al mondo. Ogni divinità aveva contribuito alla sua preparazione donandole ciascuno qualcosa: chi la dolcezza, chi la grazia, chi la curiosità e via discorrendo, fino a farla quasi perfetta, forse un po’ incauta.
Una volta formata e ben vestita, truccata e pettinata, Zeus le diede un vaso chiuso e le disse:
«Mi raccomando, non aprirlo mai mai!»
Le impose il nome di Pandora (che vuol dire “tutti i doni”) e la spedì fra gli uomini.

Pandora aveva il compito di far innamorare Epimeteo, anzi era importantissimo che Epimeteo la sposasse e la ricevesse nella sua casa, con il vaso di dote. In quel contenitore, che era un vero e proprio scrigno magico, erano riposti tutti i mali del mondo.

Nonostante Prometeo avesse supplicato il fratello di non accettare doni provenienti da Zeus, Pandora ed Epimeteo si sposarono con tanto di nozze sfarzose e invitati divini, esattamente come si usava a quei tempi.
Epimeteo sapeva del vaso e della raccomandazione di non aprirlo. Pensò che fosse sufficiente nasconderlo dentro casa, e nemmeno con chissà quale cura. Aveva sottovalutato la curiosità della sua mogliettina.

Infatti, dopo giorni di tormento, Pandora non riuscì più a trattenersi: cercò il vaso e, felice come una bimba davanti a un regalo, lo scoperchiò.

Successe il finimondo, esattamente come sperava Zeus: tutte le sciagure si diffusero per l’aria in un batter d’occhio. Solo la speranza rimase in fondo al vaso, perché Pandora – spaventata – aveva appena richiuso il coperchio.
La terra diventò un posto triste e oscuro, pieno di lutti e grande disperazione.
La vendetta di Zeus era compiuta.

«E adesso? Come faccio? – piangeva la bella Pandora – Se lo viene a sapere mio marito, sicuramente se la prende con me.»
E non avrebbe avuto tutti i torti Epimeteo; anche se il fratello Prometeo, previdente, l’aveva avvisato di non accettare doni da Zeus, neppure se si fosse trattato di una bella sposa. Alla sola vista di quella fanciulla meravigliosa, però, Epimeteo aveva perso quel poco di senno che aveva in testa. Quindi, in realtà, la colpa delle tragedie della terra non era solo di Pandora, ma anche del suo sprovveduto sposo.

Solo quando Pandora, con gran coraggio, riaprì lo scrigno, la speranza volò di casa in casa e gli uomini finalmente ripresero a vivere un po’ più sereni.

La curiosità di Pandora aveva messo nei guai gli uomini, ma la speranza – una volta libera – aveva riportato nei cuori la certezza che le sofferenze prima o poi lasciano il posto alla serenità.