La Dea Minerva amava le battaglie perché amava i volti degli eroi che in battaglia sembravano gloriosi.
Ma Minerva amava anche le tranquille gioie della pace.
Le sue instancabili dita sapevano tessere meravigliosamente bene e sapevano creare ricami preziosi. Nessuna dea, nessuna Ninfa, nessun mortale potevano starle a paragone. e, le donne della Grecia si vantavano di essere abili a ricamare perfettamente, perché lo avevano imparato da Minerva.
Ma nella Lidia abitava una fanciulla orgogliosa, Aracne, la quale non voleva saperne di dovere la propria bravura
agli insegnamenti divini.
Tesseva, cuciva, e ricamava così bene che, per ammirare le sue tele
smaglianti, le Ninfe scendevano dai boschi e, curvandosi stupite sul telaio di Aracne, le chiedevano: “Ti ha insegnato la saggia Minerva a tessere così, o Aracne dalle dita
divine?”
“Nessuno mi ha insegnato.” – rispondeva la fanciulla – “Io ricamo col mio cuore e con l’abile pazienza delle mie dita”.
Minerva aveva saputo dalle Ninfe pettegole la risposta orgogliosa di Aracne e scese sulla terra trasformandosi in una vecchia rugosa.
“Toc toc!…” – fece la Dea picchiando alla porta della fanciulla – “Hai un tozzo di pane per questa vecchina stanca?”
“Entra pure nonnina!” – rispose Aracne, che stava come al solito tessendo al telaio.
“Che tele meravigliose!” – esclamò la vecchietta accostandosi – “E che merletti fini e leggeri! Solo la guerriera figlia di Giove, la saggia Minerva, potrebbe farne di così belli”.
“Vorrei che venisse qui a misurarsi con me! Credo che la vincerei la dea che si crede invincibile!”. disse Aracne.
“Tu credi? Ascolta la saggezza dei miei capelli bianchi, Aracne; non essere così orgogliosa e non sfidare gli dei, potresti pentirtene!”
“E perché? Né dea né donna può superare la mia abilità sul telaio! Perché pentirmene?” – ribatté sicura la fanciulla, accarezzando le sete smaglianti che le servivano a ricamare.
“E allora accetto la sfida!” – gridò indispettita la dea. E nello stesso attimo le sue rughe cave
scomparvero, i capelli bianchi si accesero di bagliori dorati, la schiena curva si raddrizzò.
Davanti agli occhi stupiti di Aracne, il corpo della dea si sollevò, splendido di bellezza, e un lampo di minaccia folgorò la
tessitrice tremante.
”Siediti, cominciamo la gara!” – disse la dea.
E le due fanciulle ciascuna dinanzi ad un telaio si misero al lavoro. Per giorni e notti silenziose,
instancabili, rimasero chine sugli arazzi da ricamare. Aracne, dipinse gli episodi più belli della vita dei Numi e Minerva tutti gli dei
dell’Olimpo.
Alla fine i due lavori avevano raggiunto una tale bellezza da sembrare scene viventi da sogno. Ciascuna tela aveva una
propria magnificenza e nessuno poteva dire se una fosse più bella dell’altra. Minerva, irritata, strappò in cento pezzi il lungo lavoro
di Aracne, gridando:
“Orgogliosa donna, tu devi morire, poiché hai sfidato oltraggiosamente una dea!”.
Ma poi, impietosita dalle lacrime della fanciulla, che, dopo aver visto il suo paziente ricamo di tante notti finire in brandelli, attendeva terrorizzata la morte aggiunse: “Invece di darti la morte, voglio essere generosa con te, tu vivrai, ma la tua vita sarà eternamente appesa ad un filo!”
La toccò sulle spalle con la lancia dorata e la tessitrice si fece piccola piccola, il corpo le si aggrinzì, il capo divenne un peloso batuffolino nero, le gambe snelle si trasformarono in tante zampette sottili. La fanciulla era diventata un grosso ragno nero!
E da quel giorno, eternamente, Aracne tessé le sue tele sottili negli angoli tranquilli!