C'era una volta una Reginotta che era la superbia fatta persona: disprezzava tutti, umiliava tutti e se reucci e re venivano a domandarla in sposa sottoponeva loro degli indovinelli difficilissimi e come quelli non sapevano scioglierli li cacciava via beffeggiandoli.
E la sicurezza di essere davvero un portento di intelligenza la fece
presumere tanto di sè che bandì un concorso: chiunque coronato; nobile o plebeo avesse risolto l'indovinello da lei proposto, sarebbe senz'altro diventato suo sposo.
Figurarsi la gente che si presentava ogni giorno a Palazzo Reale!
Una vera processione: gente di ogni ceto e qualità, e di tutti i paesi; ma nessuno era buono di sciogliere l'enigma della Reginotta.
Non per questo la processione di coloro che volevano tentare finiva, anzi cresceva di giorno in
giorno e finì per invogliare anche tre sarti.
I primi due erano bei giovanotti arguti e svelti d'ingegno, ma il terzo aveva fama di buono a nulla, tanto che i compagni cercarono dissuaderlo.
— Che vieni a farci? Perché vuoi sottoporti a una umiliazione sicura?
— E a voi che importa? – rispose il sartorello. – Pensate meglio ai fatti vostri.
Senza più parlare andarono a Palazzo Reale e si presentarono alla Reginotta la quale, appena
lo vide, fu presa dalla più pazza ilarità; ma siccome il bando era bando e non poteva esimersi, disse al primo dei tre che si fece avanti.
— Dunque, io ho in capo due qualità di capelli: di che colore sono?
— I vostri capelli, Reginotta sono bianchi e neri – rispose il primo sarto sicuro di sè.
Gli rispose una argentina risata.
— Niente affatto: avanti il secondo!
— I vostri capelli, Reginotta – rispose l'interrogato – sono.... sono... bruni e rossi.
La Reginotta più divertita che mai si rivolse al sartorello che se ne stava tutto compiuto.
— E tu che a solo guardarti sprizzi tanta intelligenza, sai sciogliere l'enigma?
L'interrogato, senza muovere un muscolo del volto, serio serio rispose:
— Reginotta, i vostri capelli sono biondi come l'oro ma ce n'è uno bianco come l'argento, così che i vostri capelli sono biondi come l'oro e bianchi come l'argento.
La Reginotta si sentì morire, impallidì e sulle labbra esangui non c'era più il sorriso di
scherno: il sartorello aveva indovinato a perfezione.
Però, in fondo alla sua anima altera la Reginotta trovò ancora una cattiveria. Disse:
— Va bene, tu hai indovinato, ma prima di ottenere la mia mano devi passare la notte insieme al mio orso giù nella stalla. Se domattina sarai ancora vivo, ti sposerò.
— Sia fatta la tua volontà – rispose il sartorello, e appena calata la notte se ne andò nella stalla a tentare l'ultima prova.
C'era di che impensierire il più coraggioso degli uomini: appena entrato, l'animalaccio gli venne incontro camminando con le zampe di dietro, pronto ad abbracciarlo e stritolarlo.
Ma il sartorello era furbo e disse all'orso:
— Calma, calma, hai
tanto tempo! – e così dicendo sedette, prese dalle tasche un pugno di noci e si diede a romperle con i denti.
A quella vista, l'orso, che era un golosaccio di prima forza, lo pregò che gliene desse qualcuna anche a lui.
— Altro che! eccotene un pugno – ma il furbo uomo invece di dargli delle vere noci gli diedi delle pietre.
Mordi e mordi l'orso non riusciva a schiacciarne una, mentre l'altro seguitava a mangiare, e il tempo passava.
Allora il sartorello tirò fuori dalla bisaccia un violino e si diede a suonare, e l'orso, vinto dalla dolcezza della musica, cominciò, felice, a saltellare finchè fu stanco, poi gli
disse:
— È bello questo strumento: me lo insegni a suonare?
— Volentieri, perché no? – gli rispose l'altro che aspettava proprio quella domanda. – Però con i tuoi unghiacci non è possibile: occorre tagliarli.
— Va bene, tagliameli.
Il sartorello non se lo fece ripetere due volte, prese una morsa che si trovava lì e senz'altro imprigionò le zampe della bestiaccia in una stretta feroce; poi, incurante delle proteste
dell'orso che strillava dal dolore, si preparò un soffice letto con della paglia e vi si buttò a dormire sopra, saporitissimamente.
Ma lo stupore maggiore fu quello della Reginotta quando il domani mattina, seguita da tutta la
corte, scesa nella stalla a constatare i risultati del suo crudele capriccio, vide l'orso imprigionato e il sartorello venirle incontro con il più bel sorriso e i più galanti inchini.
Aveva vinto anche questa prova e non c'era altro da fare che correre alla Chiesa e celebrare le nozze.
Infatti così fecero e la Reginotta non ebbe a pentirsene, perché se il marito, datole dalla sorte, non era bellissimo, in compenso era intelligentissimo, furbissimo e coraggiosissimo: sicché fu felice di averlo sposato e vissero, insieme, lunghi anni amati e onorati da tutti.
GIAN DAULI