C’era una volta uno stagno pieno di rane che facevano quel che volevano: saltavano di qua e di là, oziavano e gracidavano dalla mattina alla sera.
Un giorno, decisero di chiedere a Zeus un sovrano che insegnasse loro a vivere rispettando le regole e la disciplina. Zeus, divertito da questa richiesta, gettò nello stagno un travicello di legno.
Il travicello cadde in acqua con un gran tonfo: le rane, spaventate, si rintanarono nel fango sul fondo dello stagno e per un po’ non uscirono. Poi, vedendo che il travicello di legno galleggiava immobile sulla superficie dello stagno, andarono a vederlo più da vicino.
Cominciarono a toccarlo, poi a saltarci sopra: il travicello non si muoveva e non diceva una parola.
Presto, le rane tornarono alla vita sregolata e allegra di prima, ignorando il loro re.
Dopo qualche tempo, le rane tornarono da Zeus e gli chiesero un nuovo re:
"Il re che ci hai mandato è una nullità; noi vogliamo un sovrano che ci faccia rispettare le sue regole”.
A questo punto, Zeus gettò nello stagno un serpente, che cominciò a divorare tutte le rane che trovava. Per la paura, le rane smisero di gracidare e cominciarono a vivere nascoste tra le canne o
nel fango.
Le rane superstiti tornarono sull’Olimpo, supplicando Zeus di riprendersi quel serpente malvagio.
Ma il capo degli dei disse loro: “Vi avevo mandato un buon re e voi l’avete rifiutato. Adesso, tenetevi quello malvagio”.
Meglio tenersi una situazione mediocre che rischiare, cambiando, di peggiorarla drasticamente.
FEDRO